Press-IN
n. 635
Superando del 16/03/2021
C’è una chiara Nota del Ministero dell’Istruzione, prodotta nei giorni scorsi, che come tanti altri provvedimenti, stabilisce inderogabilmente che gli alunni e le alunne con disabilità frequentino la scuola in presenza, ma «in situazione di reale inclusione», ovvero con un gruppetto di compagni con disabilità, i docenti, gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione e i collaboratori scolastici. Nessun Ufficio Scolastico Regionale e nessuna scuola di ogni ordine e grado, pubblica o privata che sia, può derogare da tale prescrizione e se accade, è necessario che intervengano le Associazioni.
di Salvatore Nocera
A partire dall’improvvisa insorgenza, lo scorso anno, della pandemia, data l’assoluta impraticabilità per gli alunni e le alunne con disabilità della didattica a distanza, la normativa del Ministero dell’Istruzione ha fissato il principio, fortemente richiesto dalle Associazioni, di garantire loro la didattica in presenza «in situazione di reale inclusione», cioè con alcuni compagni di classe.
Oltre che nei numerosi Decreti e DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio) succedutisi dal mese di marzo dello scorso anno ad oggi, a livello legislativo il principio è stato sancito dalla Legge 41/20 e quindi reiterato in tutti i successivi DPCM, Ordinanze e Circolari Ministeriali. Così, ad esempio, il DPCM del 3 novembre 2020, seguito dalla Nota Ministeriale n. 1990 del 5 novembre successivo; e ancora, il DPCM del 2 marzo 2021, seguito dalle Note Ministeriali del 4 marzo e del 7 marzo, fino alla poù recente Legge 29/12 (12 marzo), con la conseguente Nota Ministeriale Protocollo n. 662, prodotta nella medesima data. Quest’ultima, anzi, che è stata diramata dalla Direzione Generale per lo Studente, è molto chiara, proprio per rispondere a una serie di quesiti pervenuti circa le modalità con cui attuare tale fondamentale principio anche nelle “Zone Rosse” in cui più della metà delle Regioni del nostro Paese è entrata a partire da oggi, 15 marzo.
La Nota n. 662, infatti, inizia ribadendo il principio presente nel citato DPCM del 2 marzo scorso, relativo appunto al diritto della didattica in presenza degli alunni con disabilità in situazione di reale inclusione. Vi si scrive tra l’altro: «Laddove per il singolo caso ricorrano le condizioni tracciate nel citato articolo 43, le stesse istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES [Bisogni Educativi Speciali, N.d.R.] possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola [grassetto nostro nella citazione, N.d.R.]».
Si tratta di una Nota breve, ma assai significativa, che si conclude con un appello ai Dirigenti Scolastici affinché facciano ricorso alla normativa sull’autonomia scolastica, che offre loro molti margini di manovra per realizzare quanto è detto nel periodo appena citato.
È appena il caso di ricordare, a questo punto, che l’autonomia scolastica, affermata anche nella nostra Costituzione, è un’autonomia amministrativa e quindi non può assolutamente disattendere quanto è scritto in quella Nota Ministeriale, che è espressione e chiarimento di un principio sancito dalla Legge 41/20 e in tutti i successivi Decreti citati. Altrimenti l’autonomia scolastica verrebbe interpretata dai Dirigenti Scolastici come una sorta di “tana, liberi tutti!”, travisamento illegittimo, espressamente condannato dall’attuale ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi anche nel suo recente libro Nello specchio della scuola, edito dal Mulino.
Pertanto nessun Dirigente non solo Scolastico, ma anche di un Ufficio Scolastico Regionale, potrebbe avvalersi dell’autonomia scolastica per negare il diritto dell’alunno con disabilità alla frequenza in presenza «in situazione di reale inclusione», cioè insieme ad alcuni compagni di classe. Il testo sopra citato è inequivocabile e vale la pena riprenderlo: «Le stesse istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito…».
Dovranno quindi prontamente essere segnalate al Ministero eventuali interpretazioni illegittime che volessero trasformare la didattica in presenza anche di “un gruppetto di compagni” con la presenza virtuale, attraverso gli schermi dei computer, dei compagni rimasti a casa con la didattica a distanza. La Nota Ministeriale, infatti, è chiarissima sia nell’oggetto, sia nel testo: la presenza non riguarda i soli alunni con disabilità, ma anche del gruppetto di compagni, poiché vi si precisa che anch’essi devono essere «in situazione di reale inclusione» (e non virtuale, e quindi fittizia, inclusione).
Già interpretazioni di questo tipo, purtroppo, si sono verificate e i TAR (Tribunali Amministrativi Regionali) o i Tribunali Civili le hanno condannate. Ci si augura quindi che non abbiano a ripetersi, anche se da qualche scuola stanno pervenendo informazioni preoccupanti. Addirittura in qualche grande Comune – ad esempio Milano e Roma – alcune scuole dell’infanzia comunale sostengono la tesi illegittima che la più volte citata Nota Ministeriale n. 662/21 non si applicherebbe ad esse, in quanto scuole comunali paritarie. Nulla di più errato: infatti, le scuole paritarie, siano esse comunali o private, fanno parte del sistema pubblico di istruzione in forza della Legge 62/00 e quindi anche ad esse si applicano tutti i diritti e tutti gli obblighi delle scuole statali.
Addirittura taluni Dirigenti di scuole dell’infanzia sostengono che la Nota Ministeriale non si applicherebbe ad esse, non trattandosi di scuole dell’obbligo e quindi non ammetterebbero non solo i compagni, ma nemmeno gli stessi alunni con disabilità. A tal proposito occorre far presente a quei Dirigenti che per gli alunni con disabilità la frequenza delle scuole dell’infanzia non è una semplice possibilità, come avviene per tutti gli altri, ma costituisce un vero e proprio “diritto soggettivo”, costituzionalmente garantito, in forza dell’articolo 12, commi 1 e 2 della Legge 104/92; si tratta quindi di norme che non si possono impunemente disattendere, non solo nei loro confronti, ma anche in quelli dei compagni che vogliono realizzare l’inclusione scolastica.
Deve perciò essere garantita, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e paritarie, oltre alla presenza reale del gruppetto di compagni, sia quella degli alunni con disabilità, ma anche dei docenti curricolari e per il sostegno, nonché degli assistenti per l’autonomia e la comunicazione e dei collaboratori scolastici necessari per l’assistenza igienica degli alunni che ne abbiano bisogno, oltreché per l’indispensabile sanificazione dei locali.
Molto importante, in tal senso, è la precisazione della Nota Ministeriale riguardante i compagni che i genitori riterranno di fare affiancare agli alunni con disabilità, i quali dovranno essere divisi in gruppetti che ruoteranno di giorno in giorno, onde evitare l’affollamento sui mezzi di trasporto o in singole classi.
Immaginiamo, ad esempio, una scuola con 20 classi (un istituto tecnico o professionale in cui gli alunni con disabilità sono più presenti), ipotizzando che vi sia un alunno con disabilità per classe e che le classi rispettino il tetto massimo di 21 alunni complessivi, come stabilito dal DPR 81/09; se, sempre per ipotesi, tutti i compagni senza disabilità volessero accompagnare l’amico con disabilità nel rispetto del divieto di assembramento, il Dirigente Scolastico potrebbe stabilire che in ogni classe ogni giorno frequentasse sempre l’alunno con disabilità e gli altri 20 senza disabilità, suddivisi in gruppetti, che si alternassero per tutti i giorni della settimana; supponendo, quindi, che nella scuola sia stata stabilita la settimana corta di cinque giorni di lezione, ogni giorno si avranno quattro compagni a turno che ruoteranno attorno al loro compagno con disabilità.
Quando non c’erano i divieti determinati dalla pandemia, in quell’istituto quotidianamente si recavano in tutto 420 alunni (21 alunni x 20 classi), mentre con questa soluzione ne frequenterebbero solo 100 (5 alunni per 20 classi).
Quanto poi all’orario delle lezioni, non si vede per quali motivi tutti gli alunni – quelli in presenza e quelli con didattica a distanza – dovrebbero continuare a perdere lezioni. Se infatti in quella scuola vi fosse il tempo pieno di otto ore quotidiane di lezione, di 50 minuti per ora, come si pratica comunemente, potrebbe permanere lo stesso orario quotidiano dalle 8 del mattino sino quasi alle 16. Si obietterà che gli alunni con didattica a distanza non riescono a reggere per otto ore davanti agli schermi: giusto! Allora si stabilisca che negli ultimi dieci minuti di ogni ora non si faccia lezione, per consentire agli alunni tutti di rilassarsi, come avviene anche per i lavoratori che devono stare perennemente davanti allo schermo di un computer.
Si dirà ancora, da parte dei più intransigenti, che in tal modo gli alunni perderebbero 80 minuti giornalieri di lezioni, pari, in ogni settimana, a 400 minuti, ovvero 6 ore e 40 minuti. Ma mi sembra che siano molte meno di quelle che qualche scuola vorrebbe realizzare, ad esempio stabilendo che si svolgano ogni giorno non più di 3 ore di lezione, per non stressare gli alunni al computer; infatti, con una soluzione “minimalista” come questa, gli alunni perderebbero ben 5 ore di lezione giornaliere (25 alla settimana), cioè quasi il doppio delle lezioni effettivamente svolte e molto più delle 6 ore e 40 minuti perdute con l’ipotesi sopra formulata.
Quanto ai pranzi per gli alunni frequentanti, dovrebbe provvedere la mensa scolastica e qualora essa non fosse in grado, vorrebbe dire che per questi giorni particolari, gli alunni si porterebbero un panino da casa.
Una soluzione del tipo ipotizzato non creerebbe alcun problema ai docenti che svolgerebbero lezione in presenza al gruppetto a scuola e contemporaneamente ai compagni a casa, poiché il loro orario non cambierebbe. E tale ipotesi non creerebbe alcun problema nemmeno alle famiglie che lavorano, poiché per loro non cambierebbe nulla rispetto a quando c’era la didattica in presenza per tutti gli alunni; se si accettasse invece l’ipotesi “minimalista” di sole 3 ore di lezioni al giorno, le famiglie con i figli più piccoli, almeno sino ai 14 anni di età, avrebbero gravissimi problemi con il lavoro, dal momento che i bimbi e i ragazzi non potrebbero tornare a casa da soli, alla luce del divieto contenuto nella normativa per la presunta responsabilità penale dei Dirigenti Scolastici per «abbandono di incapaci», come stabilito dal Codice Penale. E ancora, se si adottasse l’ipotesi della riduzione di orario, per le famiglie vi sarebbe la necessità di chiedere il congedo parentale, che però comporterebbe la riduzione del 50% dello stipendio; se invece dovessero mantenere il lavoro in presenza, dovrebbero assumere temporaneamente delle baby-sitter, per il cui compenso, però, avrebbero soli 100 euro di “ristoro” alla settimana, somma alla quale dovrebbero aggiungere molte altre centinaia euro, senza i quali non troverebbero nessuno disposto a collaborare.
In conclusione, gli alunni con e senza disabilità, che durante le precedenti sospensioni della didattica in presenza, a causa di “Zone Rosse”, hanno protestato davanti alle scuole e al Ministero, pretendendo lezioni in presenza, con questa provvidenziale Nota Ministeriale riusciranno a vedere soddisfatto il loro desiderio di apprendere – sia pure a turno, per quanto riguarda i compagni degli alunni con disabilità -, stando a scuola e mantenendo i rapporti relazionali tra di loro, la cui assoluta mancanza ha creato, come dimostrato da tante ricerche, gravi turbe psicologiche e comportamentali.
Quindi, proprio gli alunni con disabilità, ritenuti da taluni “un peso” per il normale svolgimento delle lezioni, stavolta divengono un’opportunità e una risorsa per i compagni che amano stare a scuola insieme a loro. Pertanto, le famiglie degli alunni con disabilità che vogliono la loro frequenza in presenza in situazione di reale inclusione, inviino immediatamente ai propri Dirigenti Scolastici un’e-mail con la richiesta di voler applicare la recente e ottima Nota Ministeriale 662/21, allegando le dichiarazioni dei genitori dei compagni che desiderano frequentare in presenza col compagno con disabilità, precedentemente informati tramite le liste di discussione online tra famiglie della stessa classe.
Ci si augura inoltre che le Associazioni interverranno presso il Ministero, qualora si verificassero casi di esclusione dalle lezioni in presenza di alunni con disabilità e del gruppetto dei loro compagni. Anzi, per quanto è dato conoscere, dal momento che già si sono verificati casi di rifiuto di applicare la Nota n. 662/21, si chiede già alle Associazioni di intervenire presso il Ministero, oltreché presso gli Uffici Scolastici Regionali, perché non è assolutamente accettabile che delle norme specifiche adottate dal Ministero vengano disattese dai propri stessi propri organi, quali sono gli Uffici Scolastici Regionali e le singole scuole. Ne va della dignità del Ministero e della credibilità del suo apparato politico e amministrativo.
di Salvatore Nocera ,
FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), organizzazione che fa parte dell’Osservatorio Permanente del Ministero dell’Istruzione per l’Inclusione Scolastica degli Alunni con Disabilità.