“ Non c’è parete che in due non si possa scalare ”
Fabrizio nasce a Boscoreale in provincia di Napoli nel 1989. La sua vita cambia nel 2009, quando a causa di una malattia non ben identificata perde la vista. Da prima nella vita di Fabrizio, compaiono sconforto e tristezza. Tanto che ad un certo punto abbandona anche gli studi liceali. Poi la svolta arriva nel 2013, quando dopo aver preso contatti con l’Istituto Cavazza di Bologna e decide di trasferirsi. Nel capoluogo felsineo, Fabrizio si attiva immediatamente per iniziare un’altra vita. Si iscrive ad un istituto serale, consegue il diploma e cosa più importante, inizia a frequentare la PGS(Polisportiva Giovani Salesiani). Dove diventa un atleta paralimpico..
Ora fa parte del consiglio di amministrazione e delegato allo sport presso l’Unione Ciechi e Ipovedenti della sezione di Bologna.
- “ Ciao Fabrizio, come stai? ”
- “ Bene grazie!”
- “ Raccontami un po’ di te. In che cosa consiste il tuo sport? Cosa fai di specifico? ”
- “ Io faccio arrampicata. Mi alleno in una palestra con altri ragazzi. A Volte mi arrampico, altre faccio la sicura da terra. Far sicura significa essere legati alla persona che si arrampica in modo da tenerla sospesa nell’aria nel caso scivoli. Naturalmente sempre guidati dalla nostra istruttrice vedente ”
- “ Ci sono solo ragazzi non vedenti? ”
- “ Non solo. Ci sono ragazzi normodotati e con altre disabilità. Mi diverto molto e mi piace il continuo scambio di sensazioni ed esperienze. Spesso con la mia istruttrice siamo andati a parlare nelle scuole dell’arrampicata come simbolo di vita. L’abbiamo usata anche come metafora contro il bullismo. Per questo dico che non c’è parete che non si possa scalare in due. È fondamentale la fiducia nell’altro, l’appoggio dell’altro ”
- “ Ti sei mai sentito diverso? ”
- “ Mai, assolutamente. Siamo tutti diversi ma tutti sportivi. Il fine che ci unisce è sempre lo stesso. Ah! Mi sono dimenticato di dirti che ho vinto un campionato nazionale, vari titoli regionali e mi sono guadagnato la convocazione in nazionale anche se in campo internazionale è difficile avere ambizioni di vittoria. Come movimento dobbiamo ancora crescere. Altri Paesi, ad esempio la Spagna , sono molto più avanti di noi ”
- “ Tra para-clinding e normo-clinding, ci sono delle differenze? ”
- “ Non direi. Chiunque impara un sacco di cose. Dal movimento alla respirazione, dall’orientamento nello spazio alla fiducia nell’altro ”
- “ Tu come hai vissuto la tua cecità? ”
- “ Diciamo che l’impatto non è stato dei migliori. Inizialmente la paura era tanta, mi ero quasi lasciato andare del tutto. La svolta è arrivata quando con la mia famiglia ci siamo trasferiti a Bologna dove ho conosciuto tanti ragazzi che vivevano la mia stessa condizione. Così mi sono rimesso in gioco ed ho iniziato una nuova vita ”
- “ Quanto ti ha aiutato lo sport a superare i momenti difficili? ”
- “ Tantissimo. Soprattutto quando sono arrivate le prime vittorie perché ho acquisto fiducia e consapevolezza nelle mie capacità fortificando fisico e carattere ”
- “ Hai scoperto o trovato da solo escamotage per migliorare la tua quotidianità? ”
- “ Nello sport no ma quando sono arrivato a Bologna, avevo paura ad andare da solo col bastone bianco. Allora uscivo di notte, quando non c’era nessuno e le strade erano vuote, così avevo la tranquillità per impararle meglio. Oggi non è più un problema. Mi muovo tranquillamente da solo oppure ancora più gradevolmente con la mia ragazza ”
- “ Tema cecità in famiglia? ”
- “ All’inizio, nessuno ne parlava. Si voleva come far finta che la cosa non esistesse. Poi quando mi sono trasferito, ho iniziato io a prendere contatti con l’Unione Ciechi e rassicurare i miei. E’ stato un percorso al contrario ma siamo arrivato comunque alla meta tutti insieme ”