Newsletter giugno 2024

Andare oltre…
È un mantra, questo, che la cecità mi ha costretto a imparare ben presto. Mancano i libri a scuola? Bisogna andare oltre. Non leggo la lavagna? Devo andare oltre. A nascondino perdo sempre? Mi tocca andare oltre. Sono state così tante le volte in cui mi sono sentito quasi obbligato ad allenare questo pensiero che ormai è diventata quasi una fissazione! Motivo per cui non posso non pensare che l’Associazione debba, in qualche modo anche lei, andare oltre: raggiungere più famiglie possibile, espandersi su tutto il territorio nazionale, coinvolgere altri ragazzi che, come Daniele, hanno storie da raccontare e vite da ispirare. In tal senso, sono felice di presentarvi Alfonso Vivenzio, capitano della squadra ipovedenti di calcio a cinque dell’Associazione. Lui è persino albino: meglio di così! Alfonso è da oggi il nostro Vicepresidente, cosa di cui gli sono davvero grato. Ha scritto un’altra di quelle storie che ci rappresenterà, oltre a essere la dimostrazione che ci sono tanti modi per andare oltre: è venuto a Milano, ha trovato un lavoro e, insieme ad Angela, ha la fortuna di avere due figlie meravigliose. Ho chiesto alla mitica redazione del Bullone di intervistarlo, così che possiate conoscerlo e sapere qualcosa in più riguardo i nostri calciatori meneghini…
Buona lettura e grazie per l’attenzione,
Daniele Cassioli
Con gli occhi di dentro
Un’intervista al nuovo vicepresidente di Real Eyes Sport, Alfonso Vivenzio, già capitano della squadra di calcio a cinque ipovedenti
Come è cambiato (se lo è), da quando ne sei diventato vicepresidente, il tuo modo di porti rispetto all’associazione? Quali sono gli oneri e gli onori di questo ruolo?
La notizia è difficile da commentare, perché, anche per me, davvero freschissima. Ho conosciuto Daniele circa tre anni fa, e, da allora, questa nostra avventura, iniziata con la squadra di calcio a cinque, non è mai troppo cambiata, specie in termini di intenti e obiettivi. Di conseguenza, non si è mai modificato più di tanto nemmeno il mio apporto all’interno dell’associazione, che potremmo definire di coordinamento sia sul piano amministrativo che gestionale. Il mio ruolo è sempre stato un po’ quello del mediatore: tra i ragazzi, gli atleti, la società. Il passaggio ulteriore che questa ufficializzazione sancirà credo consista nel portare le mie conoscenze e la mia esperienza anche su tutti gli altri fronti su cui l’associazione opera. Il grande cambiamento, dunque, non è tanto di natura operativa; sono fiero ed entusiasta di ricoprire questo ruolo, è chiaro, ma l’aspetto che più conta in assoluto è la fiducia che sento riposta in me da parte di Daniele e dei membri del direttivo – sia da un punto di vista personale che professionale – e che trova una chiara manifestazione in questa loro scelta.
“Lo sport è quel pezzo di strada che c’è tra noi e la felicità”, questo il vostro bellissimo motto. Che valore assume, in particolare, per te, sia da un punto di vista strettamente personale che in qualità di nuovo vicepresidente di Real Eyes Sport?
Per interpretare bene questa frase, che reputo personalmente davvero stupenda, credo sia d’obbligo partire a rovescio, dall’ultima parola che la compone. La felicità è in sé un concetto molto astratto e soggettivo. In questo contesto specifico, noi vogliamo che felicità significhi anche che lo sport – in generale ma a maggior ragione per le persone con disabilità – sia strumento indispensabile per il raggiungimento dell’inclusione sociale e dell’autonomia dei singoli, e stimolo a voler fare di più. Personalmente, come individuo, mi ritengo abbastanza fortunato: sono nato circa quarant’anni fa in un paese in provincia di Napoli in cui, persino per i medici, ero semplicemente più chiaro rispetto ad altri bambini. “Albino” non aveva alcun significato, nessuno sapeva si trattasse di una malattia genetica, nemmeno mia madre, almeno fino a un anno e mezzo dalla mia nascita. Ho avuto quindi la fortuna di essere sempre stato trattato come un bambino “normale”, e la mia diversità, la mia disabilità, non hanno mai rappresentato un punto di partenza o arrivo, né tantomeno sono state un freno per me. Tutt’oggi conduco una vita assolutamente normale, e credo che lo sport, in questo, aiuti tanto: dà la possibilità di mettersi in gioco, è uno strumento di educazione civica, ed è, come dicevo anche prima, fonte di autonomia. Non a caso, con l’associazione, avviciniamo sì allo sport persone che vanno dai cinque ai sessant’anni, ma con l’obiettivo fondamentale di educare i bambini al movimento. Perché ci sono ragazzi non vedenti e ipovedenti che fanno fatica persino a camminare da soli, a orientarsi, e noi vogliamo dar loro gli strumenti educativi necessari a rendersi autonomi. Felicità, insomma, può anche essere vincere un trofeo, ma significa innanzitutto riuscire a portare a termine una giornata di scuola, di lavoro, o da pensionato che sia, in maniera autonoma, entro i limiti (rendendoli però i più ampi possibili) consentiti dalla disabilità.
Quest’anno, invece, noi del Bullone, ne abbiamo scelto uno, di motto, che sentiamo risuonare parecchio anche con le vostre storie: “andare oltre”. Che echi produce, nella (tua) vita, nel (tuo) lavoro, nello sport, questa breve espressione? E da cosa è rappresentato quell’oltre che c’è da superare?
È ciò per cui ogni giorno ci battiamo anche noi. Io e Daniele, nella nostra umiltà, ci riconosciamo una grande forza. E riconosciamo, allo stesso tempo, che è una forza che non tutti hanno, a prescindere dalla disabilità. Andare oltre vuol dire anche questo. La mia è una diversità molto evidente: chiunque si interfacci con me, per un tempo più o meno breve, la nota. Ecco, per me andare oltre ha significato anche saper superare quel primo sguardo di diffidenza che ho tante volte ricevuto, lottare, con le parole, i gesti, l’esempio, l’atteggiamento, affinché il mio interlocutore vedesse la persona oltre la disabilità e non solo. L’espressione, ovviamente, è applicabile anche nello sport: non c’è da fermarsi al primo limite, perché si può sempre fare squadra e superare una difficoltà.
All’interno dell’associazione ricopri anche il ruolo, altrettanto centrale, di capitano della squadra ipovedenti di calcio a cinque, la quale si è da poco aggiudicata la vittoria del campionato inclusivo organizzato insieme al CSI – Comitato di Milano. Quali sono le tue impressioni su questo traguardo?
Raccontavo, giusto qualche giorno fa a un amico, di un aneddoto relativo alla mia esperienza come capitano della squadra di calcio a cinque dell’associazione. Di vittoria, infatti, in questo ruolo, ne ho nel cuore anche un’altra, forse di minor prestigio ma non per questo meno preziosa; anzi, tutt’altro. Avevamo saputo di un ragazzo che la forza di andare oltre di cui dicevamo prima credeva di non averla; ne era così convinto che non voleva più nemmeno darsi la possibilità di smentirsi, né tantomeno desiderava incontrarci. Be’, da quel giorno in cui, con una scusa, i genitori sono riusciti a trascinarlo a un primo allenamento, sono passati tre anni, e quel ragazzo, oggi, è uno dei leader più carismatici del nostro gruppo. È stato per sua iniziativa che, poco più di un anno fa, abbiamo sfidato, in un’amichevole, la classe di cui era parte nella sua scuola: ha segnato lui il goal decisivo, quello del sei a cinque che ci ha consegnato la vittoria, e quello che, coronato da un grande abbraccio finale, ha finalmente detto, senza parole, ai compagni, cosa significasse vivere la sua condizione. Tornando all’ultimo nostro successo, è stata anche questa un’esperienza meravigliosa, e la parte più bella è stata ancora una volta poter permettere ai ragazzi, anche quelli alle prime armi, di vivere una vera competizione agonistica e vederli gioire del loro traguardo.
Che progetti hai in cantiere, sui due fronti in cui si esplica la tua attività all’interno dell’associazione?
In qualità di vicepresidente, l’obiettivo condiviso è quello di avvicinare sempre di più gli atleti alla realtà associativa. Siamo cresciuti tanto negli ultimi anni, passando da venti a trecento iscritti in tutta Italia, ma la cosa più importante per noi è che tutti i tesserati si sentano partecipi a trecentosessanta gradi del grande progetto dell’associazione, e non soltanto delle prestazioni sportive. Poi, come capitano – ma è uno scopo che non vede una netta distinzione tra i miei due ruoli – vorrei far sì che sempre più persone si avvicinino alla pratica sportiva, perché siamo fermamente convinti che lo sport sia di enorme beneficio anche nella vita di tutti i giorni.
Avanti tutta… e viva il calcio!
La vittoria della nostra squadra di calcio a cinque ipovedenti in occasione del 3° Memorial Ernesto Modanesi
Domenica 2 giugno, presso il Centro Sportivo di Fara Gera d’Adda (Bg), i nostri ragazzi della squadra di calcio a cinque ipovedenti sono riusciti a portare a casa una grande vittoria, aggiudicandosi, con un tre a uno nella sfida contro i rivali dell’ASD Farese 1921, il campionato inclusivo organizzato insieme al CSI – Comitato di Milano. L’occasione – quella del 3° Memorial Ernesto Modanesi – ha contribuito, ancora una volta, a dimostrare come lo sport (sì, anche il calcio) possa farsi potente coefficiente di unione, oltre a rappresentare un’innegabile fonte di divertimento e a distrarre tanti ragazzi, almeno per il tempo di una partita, dalle difficoltà di ogni giorno. Per questa sfida in particolare, i calciatori del Farese hanno giocato indossando degli occhiali speciali che potessero farli immedesimare nelle condizioni dei ragazzi ipovedenti: un grande gesto di empatia, altruismo, e generosità, a coronare una giornata dedicata allo sport e all’inclusione. La serata, infine, ha visto amici e famiglie ritrovarsi insieme con i giocatori per mangiare e bere in compagnia, nella memoria di quel “Mister” Ernesto Modanesi che ha sempre dato grande rilievo al valore educativo, in termini di unione e rispetto, di ogni sport.

Di cose che finiscono, di altre che iniziano
Si conclude la stagione di alcuni poli Spazio al Gesto mentre altri si accingono ad aprire
Dopo giornate memorabili e attività altrettanto difficili da dimenticare, si chiudono le stagioni dei poli Spazio al Gesto di Bergamo, Roma e Galatina. Da settembre, nella provincia lombarda, presso la piscina Aquamore di Seriate, genitori, tecnici, operatori e volontari si sono messi a disposizione di ragazzi ciechi e ipovedenti fino a portare a termine, l’8 giugno, la bellissima stagione di “Spazio all’acqua”. È terminato poi il 15 dello stesso mese anche l’impegno profuso presso il polo di Roma, dopo uno splendido percorso iniziato con uno staff specializzato e tanto umano il 24 marzo di quest’anno, in collaborazione con l’Istituto Sant’Alessio. La giornata del 15, infine, ha visto anche la chiusura della stagione al polo di Galatina, in provincia di Lecce (pure questa una novità del 2024 insieme con Roma), e l’inaugurazione del nuovo polo Spazio al Gesto di Sorrento. L’intento, adesso, è quello di estendere presto questa iniziativa anche al capoluogo ligure, perché crediamo fermamente che muoversi, sperimentare, socializzare e divertirsi grazie a progetti del genere siano la chiave di una vera inclusione e dello star bene insieme.
Oltre la competizione
Gli atleti di nuoto e atletica di Real Eyes Sport scoprono le emozioni e i valori del gareggiare
Lo sport non è solo competere, vincere una medaglia, o stabilire un nuovo record. Lo sanno bene i nostri atleti, che nelle recenti gare di nuoto e atletica cui hanno preso parte hanno trovato, al di là della mera competizione appunto (che resta comunque un aspetto importante e formativo dell’attività sportiva), la gioia di partecipare a tali eventi. Perché no, “l’importante è partecipare” non è soltanto un notissimo modo di dire, e lo sport – lo crediamo fermamente – è innanzitutto un modello indispensabile per avviare il proprio processo di crescita, a partire dagli allenamenti. È per questo che la nostra associazione si impegna ogni giorno per permettere ai ragazzi di percorrere attivamente questa strada, lavorando sul proprio carattere, fissandosi obiettivi, aumentando la propria consapevolezza. Oltre a questo, l’attività sportiva rappresenta senz’altro anche una bella occasione per conoscere persone nuove, relazionarsi con loro, magari trarne ispirazione. Siamo fieri, perciò, di poter assistere i ragazzi in questo genere di percorsi e dar loro la possibilità di competere insieme nelle più disparate specialità. Perché in fondo (ma tranquilli che pian piano lo portiamo su), lo sport è di tutti; nessuno escluso!
Questo numero della newsletter è stato scritto in collaborazione con i giornalisti sociali di Fondazione Bullone. In redazione: Alessio Bartolozzi, Federica Corpina, Jacopo Di Lorenzo, Michele Fagnani, Luca Malaspina.